Responsabilità solidale negli appalti e abrogazione dei voucher: cosa propongono i referendum della CGIL e perché votare sì

Forse troppo spesso qualcuno dimentica che “siamo una repubblica democratica fondata sul lavoro”, o altri dimenticano che ognuno ha diritto al lavoro.

E non un lavoro qualsiasi, ma un lavoro dignitoso, che non calpesta la dignità delle persone, un lavoro che possa rendere le persone libere di vivere la loro vita e di esercitare le proprie scelte.

Utopia? Forse. Ma anche profonda consapevolezza che che ci sia bisogno di un profondo cambiamento. Se vogliamo un’altra Italia dobbiamo liberare il lavoro per poterlo rendere fruibile a tutti e tutte. Senza ricatti, senza cancellare le conquiste fatte in tanti anni di lotte, senza sfruttare la disperazione di chi ha bisogno, senza disintegrare le speranze di chi tenta di costruire la propria vita partendo dal lavoro, senza ricorrere al caporale-schiavista.

Ecco perché per la prima volta la Cgil si è fatta promotrice dei quesiti referendari e a gran voce sta chiedendo al Governo di fissarne la data. E’ in atto una campagna capillare a livello territoriale con numerose iniziative. Camper e pulman che piazza per piazza spiegano alle persone i motivi dei referendum e perché sarà importante votare “Si”. Dal 20 marzo ci saranno spot sugli autobus, in varie Regioni circola “L’Ape del Lavoro”. Fino ad arrivare ad una grande manifestazione nazionale programmata per l’8 aprile.

Partire dai voucher e dagli appalti non è stato casuale, bensì si è trattato di scegliere i punti più bassi della progressiva perdita di valore del lavoro che tra l’altro coinvolgono un enorme parte del mondo del lavoro. Intere generazioni hanno come unica prospettiva un voucher, o l’inferno di una catena di appalti e subappalti. Non può rappresentare l’unica alternativa fare la valigia e tentare la fortuna all’estero. La situazione va cambiata radicalmente qui ed ora, se vogliamo un futuro diverso e un’Italia diversa.

Con il referendum si chiede di ripristinare il principio di responsabilità solidale inderogabile e piena a carico del committente nell’ambito di opere o servizi, abrogando l’art.29, secondo comma del dlgs 276 del 2003. Si verrebbe quindi ad abrogare la derogabilità della responsabilità solidale riportandola in capo al committente, e cioè al soggetto che sceglie l’appaltatore, da un lato, e che beneficia della prestazione lavorativa dei dipendenti dall’altro. Inoltre, abrogando la norma, i lavoratori potrebbero recuperare i propri crediti direttamente e velocemente dal committente, qualora si instaurasse un iter processuale per mancata erogazioni di salario o altre voci contrattuali. Troppo spesso la cosiddetta “filiera dell’appalto” é un vero gioco di “scatole cinesi” dove l’anello più debole della catena è il lavoratore. Appalti al massimo ribasso, esternalizzazioni fatte per risparmiare e abbattere il costo del lavoro, ditte o cooperative che prendono l’appalto e poi svaniscono nel nulla, condizioni di lavoro con disparità contrattuali, evasioni contrattuali, non rispetto della sicurezza e spesso al di fuori della legalità. Il committente non può non assumersi le responsabilità in solido delle scelte attuate e risponderne ai lavoratori. Per farlo bisogna votare “Si”.

Per quanto riguarda i voucher, il referendum ne chiede la cancellazione. Il 28 febbraio u.s., l’Inca Cgil ha presentato un dossier utilizzando alcuni dati INPS. Solo nel 2015, tra i 750.000 lavoratori attivi (coloro che hanno una posizione assicurativa già aperta, alimentata anche da prestazioni di sostegno al reddito per disoccupazione) le donne pagate esclusivamente con i voucher sono oltre la metà e hanno in media 35 anni. I disoccupati di lunga durata, i “silenti” secondo l’Inps, sono 300.000 con storie lavorative anche consistenti alle spalle. Nel 2015 hanno percepito solo voucher. Di loro oltre la metà sono donne. Infine, i percettori di voucher che non risultano iscritti a nessuna gestione previdenziale, sono in tutto 200.000 nel 2015 (sei volte di più di quelli registrati nel 2010). Si tratta di lavoratori sempre più giovani, con un’incidenza delle donne del 58%. Con il voucher si evadono completamente tutte le norme contrattuali e di legge che tutelano i lavoratori: la giusta retribuzione, l’orario, le ferie, la malattia, la maternità, l’indennità il sostegno al reddito (basti pensare nel settore agricolo al diritto alla disoccupazione agricola). Le ricadute previdenziali sono allarmanti. Nelle Marche, la Regione che registra nel 2015 circa 64.000 persone retribuite con i voucher, il reddito medio annuo di questi lavoratori è stato di circa 480 euro, in linea con la media nazionale. Se un lavoratore con le stesse condizioni di reddito raggiunge il tetto massimo fissato per i voucher di 7.000 euro annui, a 70 anni, con 5 di anzianità contributiva, avrà una pensione mensile di 208 euro. Per queste ragioni non è pensabile che bastino alcune modifiche per l’impiego dei voucher. L’uso del voucher va abrogato. Per farlo bisogna votare “Si”.

Le regole democratiche sono il baluardo di una società civile. I referendum della Cgil sono stati riconosciuti “ammissibili”. Il Governo fissi la data del voto in modo da consentire ai cittadini di questo Paese di potersi esprimere. Noi lo faremo, sicuri di incontrarti e di votare insieme il “Si” per contribuire ad un futuro diverso e migliore.