Il 10° Rapporto sulla Bioeconomia in Europa a cura di INTESA SAN PAOLO-CLUSTER SPRING-ASSOBIOTEC 2024 fornisce una panoramica completa delle informazioni disponibili in merito alle attività che utilizzano e trasformano risorse biologiche rinnovabili. In particolare, la definizione di Bioeconomia utilizzata in questa analisi include sia settori a monte della catena produttiva (come l’agricoltura, silvicoltura e pesca, l’industria del legno e della carta, l’industria chimica e della gomma-plastica), sia settori a valle del processo (come l’alimentare, l’abbigliamento, i mobili, la farmaceutica).
Panoramica sulla Bioeconomia in Europa
Per l’analisi a livello europeo, il Rapporto sulla Bioeconomia 2024 focalizza l’attenzione sui dati relativi a Francia, Germania, Italia e Spagna. Nel complesso, la Bioeconomia ha generato nel 2023 un output di circa 1.751 miliardi di euro, occupando oltre 7,4 milioni di persone, che rappresentano l’8,4% e 6% rispettivamente sui valori complessivi dei quattro paesi europei analizzati. La figura Stima del Valore della Produzione e dell’Occupazione della Bioeconomia nel 2023 nei principali paesi europei mostra come la Bioeconomia della Germania sia al primo posto sia per valore della produzione (542,9 miliardi di euro) sia per il valore complessivo degli occupati (2,1 milioni di persone). L’Italia si posiziona al secondo posto per numero di occupati con 1.981 addetti e al terzo posto per valore della produzione (437,5 miliardi), preceduta da Francia (459,1 miliardi di valore Produzione e 1.814 occupati) e a seguire Spagna (311,9 miliardi di valore Produzione e 1.528 occupati).
Stima del Valore della Produzione e dell’Occupazione della Bioeconomia nel 2023 nei principali paesi europei*
*Valori in miliardi di euro e migliaia di occupati
Fonte: nostra elaborazione su dati La Bioeconomia in Europa 2024
La Bioeconomia in Italia
Nel 2023, le attività legate alla Bioeconomia in Italia hanno generato un output stimato di 437,5 miliardi di euro, con un incremento di 9,3 miliardi rispetto al 2022, occupando circa 2 milioni di persone. La Bioeconomia rappresenta così il 10% del valore complessivo della produzione e il 7,6% dell’occupazione totale nell’economia italiana. Come si nota dalla figura L’evoluzione della Bioeconomia in Italia (valore della produzione, var. %), dopo la forte crescita del 2022, quando la produzione della Bioeconomia ha raggiunto i 428,3 miliardi di euro (+18% rispetto al 2021), spinta anche dall’aumento dei prezzi, nel 2023 il settore ha continuato a crescere, ma a un ritmo più moderato (+2,2%). L’occupazione, invece, è rimasta stabile, con circa 2 milioni di persone impiegate nel periodo 2021-2023. A livello di settore, quello agroalimentare, che rappresenta circa il 63,2% del valore complessivo della Bioeconomia (output di oltre 276 miliardi di euro, di cui 195 miliardi generati dall’industria alimentare, delle bevande e del tabacco), ha registrato nel 2023 un aumento del 6,8% del valore della produzione. Questo aumento è stato in parte correlato all’aumento dell’inflazione, che è stato comunque inferiore rispetto al 2022. Secondo ISTAT, nel 2023 l’agricoltura ha risentito meno degli effetti dell’instabilità dei prezzi legati alle criticità del contesto internazionale beneficiando di un rallentamento dell’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia. Tuttavia, il settore è stato penalizzato da condizioni climatiche sfavorevoli: temperature primaverili fredde, caldo intenso e siccità estiva hanno, infatti, ridotto i volumi produttivi di molte coltivazioni. Di conseguenza, la produzione agricola, forestale e della pesca è diminuita in volume, ma è cresciuta in valore, anche se con un incremento più contenuto rispetto al 2022. Per quanto riguarda l’industria alimentare e delle bevande, nel 2023 si è registrato un lieve calo nei volumi prodotti, ma un aumento del valore (+6,5%), soprattutto grazie alla buona performance del comparto delle bevande. Anche dal punto di vista occupazionale, il settore agroalimentare è il più importante all’interno della Bioeconomia: nel 2023 ha impiegato 872 mila persone nell’agricoltura e 492 mila nell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco.
L’evoluzione della Bioeconomia in Italia (valore della produzione, var. %)
Fonte: nostra elaborazione su dati La Bioeconomia in Europa 2024
Conclusioni
I dati presentati nel Rapporto INTESA SAN PAOLO-CLUSTER SPRING-ASSOBIOTEC, confermano il ruolo strategico del settore agroalimentare all’interno della Bioeconomia italiana ed europea. Nonostante le difficoltà legate all’inflazione, alle condizioni climatiche avverse e all’instabilità dei mercati internazionali, il settore ha dimostrato resilienza, con una crescita del 6,8% in valore nel 2023. Tuttavia, rimane evidente un elemento critico sul fronte occupazionale: continua a diminuire il numero di lavoratori impiegati in agricoltura, mentre cresce la componente occupata nella trasformazione industriale.
Il 12 giugno 2025 l’ISTAT ha pubblicato i dati definitivi sull’inflazione misurata dall’indice IPCA al netto dei beni energetici importati.
2024 l’inflazione si attesta al +1,3%, con uno scostamento di -0,6% rispetto alla previsione del +1,9%.
Previsioni 2025–2028:
2025 → +2,0%
2026 → +1,9%
2027 → +2,0%
2028 → +2,0%
Questi dati sono fondamentali per comprendere le dinamiche del costo della vita e per la contrattazione collettiva, considerando che l’indicatore IPCA-NEI è considerato come indicatore di riferimento per la dinamica degli effetti economici nella contrattazione collettiva dall’Accordo quadro tra le parti sociali per la riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009.
Il 14 maggio la Commissione europea ha presentato una nuova proposta legislativa per la semplificazione del quadro normativo di attuazione della PAC 2023–2027. Il pacchetto mira a: semplificazione e snellimento dei requisiti a livello aziendale, facilitazione dell’accesso al sostegno per le aziende agricole di piccole e medie dimensioni, adozione di misure per rafforzare la competitività e ampliamento della flessibilità degli Stati membri nella gestione dei piani strategici della PAC (PSP).
Tra le proposte figura l’introduzione di un principio di rispetto “de facto” da parte degli agricoltori biologici di alcuni obblighi della condizionalità ambientale, escludendoli dall’attuazione delle BCAA 1, 3, 4, 5, 6 e 7. Gli Stati membri potranno adottare versioni nazionali delle BCAA, basate su normative già esistenti. Viene modificata la definizione di prato permanente (da cinque a sette anni) e innalzata la percentuale massima di riduzione della quota di prato permanente (dal 5% al 10%).
La proposta estende le esenzioni dai controlli e dalle sanzioni ai piccoli beneficiari sostenuti dal FEASR. Gli Stati membri potranno compensare, tramite ecoschemi o pagamenti agro-climatico-ambientali, i costi derivanti da norme nazionali che vanno oltre la condizionalità. Si amplia inoltre la possibilità di pagamenti per unità di bestiame (UBA) e alveari. Il periodo per ottenere sostegno agli investimenti viene esteso da 24 a 36 mesi.
Particolarmente rilevante è la previsione che esclude i pagamenti di crisi dall’ambito di applicazione del sistema di condizionalità sociale. Si tratta di una prima forma di deroga che, sebbene limitata, solleva preoccupazioni sulle future decisioni in vista della riforma post 2028.
La proposta prevede anche l’aumento del pagamento forfettario per i piccoli agricoltori da 1.250 euro a 2.500 euro, esentandoli dal sistema di condizionalità. Ulteriori semplificazioni sono previste per la rendicontazione, il monitoraggio e i controlli, compreso l’uso obbligatorio del sistema AMS e l’adozione di un regime unico di controllo in loco.
Non mancano, tuttavia, elementi di criticità:
prosegue il processo di ridimensionamento delle ambizioni ambientali della PAC.
viene ulteriormente ampliato il novero dei soggetti che sono esentati dall’ambito di intervento dei controlli sul rispetto degli obblighi della condizionalità ambientale.
prosegue il percorso di nazionalizzazione della PAC.
Sul piano degli effetti sul lavoro dipendente preoccupa infine la presenza nella proposta di revisione di una prima forma di deroga all’applicazione della condizionalità sociale.
Il Rapporto Economico sull’Acquacoltura 2024 pone una specifica attenzione al periodo 2017-2022, sulla base dei dati raccolti nell’ambito del programma EU-MA2.
Per l’Italia mette a disposizione dati per tutti i principali settori produttivi dell’acquacoltura, includendo il settore marino, quello d’acqua dolce e quello dei molluschi. Nel 2022, sia il volume che il valore della produzione del settore hanno registrato variazioni significative rispetto agli anni precedenti. Il volume complessivo è diminuito del 13% rispetto al 2021, attestandosi a 123 mila tonnellate, mentre il valore totale delle vendite è calato del 12%, raggiungendo 404,1 milioni di euro.
La produzione acquicola italiana è caratterizzata da quattro principali gruppi: mitili mediterranei, trote, vongole veraci filippine, orate e branzini e la figura sottostante ne riporta i valori in termini di peso e valore percentuale.
Principali specie prodotte e performance economica per segmento
Il segmento Trota (Vasche e canali) ha generato un fatturato di 93,3 milioni di euro, con costi operativi di 65,2 milioni e un utile netto di 23,4 milioni. Sono state vendute 29 mila tonnellate, con un ROI del 18,7% e investimenti netti pari a 33,9 milioni. Il comparto Spigola e orata (Gabbie) ha registrato 65,4 milioni di fatturato, 38,5 milioni di costi operativi e 24,4 milioni di utile netto. Le vendite sono state di 8,7 mila tonnellate, con un ROI molto alto del 43,3% e 11,8 milioni investiti. Vongole (su fondale) con 163,4 milioni di fatturato è quello con il risultato il più alto dei 4 segmenti, con 50,3 milioni di costi operativi e 111,4 milioni di utile netto; ha venduto 21 mila tonnellate, ottenendo un ROI altissimo del 220,4%, con investimenti netti di 13,9 milioni. Il segmento del Mitilo (longline) ha avuto un fatturato di 54,2 milioni, costi operativi pari a 35,1 milioni e un utile netto di 16,3 milioni. Ha venduto 60,5 mila tonnellate (il volume più alto), con un ROI del 37,5% e 16,5 milioni di investimenti.
Previsioni per il 2023-2024
I dati previsionali per il 2023 e il 2024 si basano su informazioni fornite dall’Associazione Nazionale dei Produttori di Acquacoltura (API) e su analisi dell’Associazione Mitilicoltori (AMA), nonché su interviste a testimoni impegnati in importanti aziende di allevamento di trote, vongole, orate e branzini. A partire dal 2023, il settore dell’acquacoltura italiano sta affrontando un calo significativo, con un peggioramento previsto per il 2024. Questa problematica è principalmente attribuita alla diffusione di specie, come il granchio blu, che ha invaso l’Adriatico e altri mari italiani, provocando squilibri ecologici. Parallelamente, l’acquacoltura nelle acque interne è stata colpita dall’aumento dei costi operativi. Il conflitto in corso in Ucraina ha fatto aumentare i prezzi dell’energia, incidendo sulle catene di approvvigionamento e aumentando ulteriormente i costi. Anche i prezzi dei mangimi, voce di spesa fondamentale per il settore italiano, sono aumentati drasticamente, aggravando le spese da sostenere. Queste difficoltà si sommano a un crescente senso di incertezza all’interno del settore, con molte imprese di acquacoltura che faticano a mantenere un’occupazione stabile e continua.
La bilancia commerciale dell’agroalimentare italiano e il ruolo degli Stati Uniti
Il ruolo degli USA come mercato di sbocco per l’export agroalimentare italiano è di grande rilievo: nel complesso il flusso verso gli USA nel 2024 vale 7,8 miliardi rappresentando l’11,6% delle esportazioni totali in valore. Gli Stati Uniti si collocano al 2° posto tra paesi partner per le vendite dei prodotti agroalimentari italiani all’estero. Se consideriamo il valore delle esportazioni di prodotti dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca il ruolo di partner commerciale degli Stati Uniti si ridimensiona. Per questa categoria merceologica l’export negli USA vale poco meno di 134 milioni di euro (1,2% del totale). Gli Stati Uniti si collocano, infatti, solo al 17° posto nella graduatoria delle destinazioni delle nostre vendite all’estero di prodotti del settore primario.
Nel 2024 la bilancia commerciale dei prodotti agroalimentari italiani ha evidenziato una ulteriore ampliamento del valore del surplus commerciale, grazie alla buona performance delle esportazioni che, nello specifico, hanno raggiunto 67,5 miliardi di euro, in aumento dell’8,3% sull’anno precedente. L’andamento positivo rilevato anche nel valore delle importazioni nell’ultimo anno (+6,9%) è stato comunque inferiore, consentendo l’ampliamento dell’avanzo commerciale per un valore di poco inferiore a 940 milioni di euro.
Guardando all’interscambio con gli USA, la bilancia commerciale italiana dell’agroalimentare mostra un surplus pari a 6,3 miliardi di euro nel 2024, in aumento di 902,5 milioni di euro rispetto all’anno precedente; le esportazioni verso il mercato statunitense si attestano a poco più di 7,8 miliardi di euro, in aumento del 17,1% rispetto al 2023.
Nelle esportazioni agroalimentari verso USA, risultano maggiormente rilevanti i comparti “Vini e mosti”, che da soli rappresentano il 24,7% dell’export totale nel 2024, “cereali, riso e derivati” (16,0%) e “oli e grassi” (il 13,6%).
L’export agroalimentare italiano verso gli USA per comparti produttivi (mln euro)
Nel 2024 le importazioni agroalimentari degli USA valgono nel complesso 241,7 miliardi di dollari. Gli USA sono caratterizzati da un importante disavanzo agroalimentare: nel 2024 il saldo commerciale per questa categoria merceologica è negativo per 70 miliardi di dollari. La quota di mercato dell’Italia negli Stati Uniti per i prodotti agroalimentari nel complesso nel 2024, sulla base delle statistiche d’importazione del paese di UNCOMTRADE, è del 3,8%.
Nel 2024 l’attività di vigilanza in materia di lavoro effettuata dagli Ispettori dell’INL e dai Carabinieri del Comando Tutela Lavoro ha riguardato 8.847 accessi ispettivi presso aziende classificate nell’ambito dell’ATECO “Agricoltura, silvicoltura e pesca”. Il risultato dei 6.023 accertamenti definiti ha permesso la contestazione di 4.118 illeciti. La percentuale di ispezioni in cui sono stati contestati illeciti rispetto al numero delle pratiche definite è stata perciò pari a circa il 68,4%.
Numerosità dei lavoratori irregolari e caratteristiche delle violazioni accertate
Nel 2023 sono stati complessivamente 7.884 i lavoratori irregolari accertati in occasione delle verifiche ispettive effettuate dagli Ispettori dell’INL e dai Carabinieri del Comando Tutela Lavoro. I lavoratori irregolari individuati in aziende dell’ATECO “Agricoltura, silvicoltura e pesca” rappresentano in particolare il 3,8% del complesso dei lavoratori irregolari accertati nel corso delle attività ispettive effettuate dagli Ispettori dell’INL e dai Carabinieri del Comando Tutela Lavoro in Italia.
Un approfondimento sulle caratteristiche dei lavoratori coinvolti nelle violazioni accertate permette di evidenziare che nel 2024 i lavoratori occupati “in nero” individuati nel corso delle attività di vigilanza presso aziende classificate nell’ambito dell’ATECO “Agricoltura, silvicoltura e pesca” sono stati 1.819, di cui 254 extracomunitari privi di regolare permesso di soggiorno. L’analisi dei dati riportati in tabella 1 permette di evidenziare come quasi un quarto (23,1%) del totale dei lavoratori irregolari accertati risulti impiegato in nero per la mancata applicazione dei contratti collettivi e/o per la violazione degli obblighi in materia previdenziale ed assicurativa. Nel periodo 2016-2024 si riduce, inoltre, l’incidenza dei lavoratori in nero sul totale dei lavoratori irregolari passando dal 72,5% del 2016 al 23,1% del 2024. L’esito degli accertamenti dell’INL e dei Carabinieri del Comando Tutela Lavoro evidenzia inoltre una riduzione dell’incidenza delle situazioni di irregolarità che riguardano i lavoratori extracomunitari privi di regolare permesso di soggiorno (dal 3,9% del 2016 al 3,2% del 2024).
Lavoratori irregolari: lavoratori in nero e lavoratori extra comunitari clandestini in aziende dell’ATECO “Agricoltura, silvicoltura e pesca”
Provvedimenti di sospensione della attività imprenditoriale
L’art. 14 del Decreto legislativo n. 81/2008 (Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) consente al personale ispettivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro di sospendere l’attività imprenditoriale. Il personale dell’INL può fare ricorso a questo provvedimento nelle situazioni in cui viene accertato che oltre il 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro non figura nella documentazione obbligatoria. Il provvedimento di sospensione può essere adottato anche nelle imprese in cui è accertata la presenza di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e sicurezza.