Cosa si intende per condizionalità sociale quando si parla di Politica Agricola Comune?

Definizione di condizionalità sociale

La condizionalità rappresenta quell’insieme di obblighi che devono essere rispettati dai beneficiari per poter accedere al sostegno di base al reddito per la sostenibilità (Basic Income Support for Sustainability – BISS) previsto dal Primo Pilastro della PAC e agli aiuti previsti dagli interventi agro-climatico-ambientali (ACA) dello Sviluppo rurale. Dopo la riforma 2023-2027, i suddetti obblighi riguardano il rispetto di 11 Criteri di Gestione Obbligatori (CGO) e di 9 norme per il mantenimento dei terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali (Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali – BCAA).

Qual è la normativa di riferimento in materia di condizionalità sociale?

In merito ai CGO le norme da rispettare riguardano:

  • i requisiti per controllare le fonti diffuse di inquinamento da fosfati – Direttiva 2000/60/CE (CGO 1);
  • le norme per la protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole – Direttiva 91/676/CEE (CGO 2);
  • le norme per la conservazione degli uccelli selvatici – Direttiva 2009/147/CE (CGO 3);
  • le norme per conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – Direttiva 92/43/CEE (CGO 4);
  • i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare – Regolamento (CE) n. 178/2002 (CGO 5);
  • il divieto d’utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze β- agoniste nelle produzioni animali – Direttiva 96/22/CE (CGO 6);
  • le norme per commercializzazione dei prodotti fitosanitari – Regolamento (CE) n. 1107/2009 (CGO 7);
  • le norme per l’utilizzo sostenibile dei pesticidi – Direttiva 2009/128/CE (CGO 8);
  • le norme minime per la protezione dei vitelli – Direttiva 2008/119/CE (CGO 9);
  • le norme minime per la protezione dei suini – Direttiva 2008/120/CEE (CGO 10);
  • le norme riguardanti la protezione degli animali negli allevamenti – Direttiva 98/58/CE (CGO 11).

Nello specifico le BCAA riguardano il mantenimento dei prati permanenti (BCAA 1), la protezione di zone umide e torbiere (BCAA 2), il divieto di bruciare le stoppie (BCAA 3), l’introduzione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua (BCAA 4), la lavorazione del terreno (BCAA 5), la copertura minima del suolo (BCAA 6), la rotazione delle colture (BCAA 7), la superficie agricola destinata a aree o elementi non produttivi (BCAA 8), il divieto di conversione o aratura dei prati permanenti in Natura 2000 (BCAA 9).

Undeclared work in Bulgaria and how to fight it

Undeclared work in Bulgaria and how to fight it

Undeclared work deprives workers of fair payment, social and health insurance, annual leave and other payments, regulated by labour law.

The total number of the people officially paying social contributions in the Bulgarian agriculture sector is 110.605 out of 2.802.989 workers – only 3,95% of all insured people.

Social justice passes through personal awareness, the information that we have access to and the conscious choices we make.

In order to inform, raise knowledge and promote greater awareness of rights, the Bulgarian union FNSZ, member of the Confederation of Independent Trade Unions (CITUB), produced a brochure explaining:

  • what is meant by undeclared work;
  • which concrete forms it can assume;
  • which are the negative consequences it produces for workers, for employers, for the State, for the society;
  • which are the causes and which are the factors that contribute to its development;
  • which are the measures and actions to prevent its occurrence.

Download it here.

Undeclared work in Bulgaria and how to fight it

Il lavoro nero in Bulgaria

Il lavoro non dichiarato priva i lavoratori di equo compenso, assicurazione sociale e sanitaria, ferie annuali e altri pagamenti, regolati dal diritto del lavoro.

Il numero totale di persone che pagano ufficialmente contributi sociali nel settore agricolo bulgaro è 110.605 su 2.802.989 lavoratori – solo il 3,95% di tutti gli assicurati.

La giustizia sociale passa attraverso la consapevolezza personale, l’informazione a cui abbiamo accesso e la scelta consapevole che facciamo.

Per informare, sensibilizzare e promuovere una maggiore consapevolezza dei diritti, il sindacato bulgaro FNSZ, aderente alla Confederazione of Independent Trade Unions (CITUB), ha prodotto un opuscolo che spiega:

  • cosa si intende per lavoro non dichiarato;
  • quali forme concrete può assumere;
  • quali sono le conseguenze negative che produce per i lavoratori, per i datori di lavoro, per lo Stato, per la società;
  • quali sono le cause e quali sono i fattori che contribuiscono al suo sviluppo;
  • quali sono le misure e le azioni per impedirne il verificarsi.

Scaricalo qui.

Diritti sindacali: guardare all’estero non sempre conviene

Diritti sindacali: guardare all’estero non sempre conviene

L’orario di lavoro è di pertinenza delle parti sociali.

Domenica 2 luglio i lavoratori della Gelco s.r.l. di Castelnuovo Vomano hanno scioperato compatti contro la decisione unilaterale dell’azienda, presa nonostante il “no” dell’assemblea dei lavoratori, di instaurare il ciclo continuo (lavoro anche di sabato e di domenica).

Il diritto di sciopero è un diritto essenziale per rendere efficace l’azione collettiva sindacale.

“I diritti parlano, sono lo specchio e la misura dell’ingiustizia, e uno strumento per combatterla”. [Stefano Rodotà]

Nella Relazione sull’attività della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, presieduta dal Prof. Giuseppe Santoro Passarelli, lo scorso 22 giugno, si afferma che “a fronte di un buon livello di rispetto delle regole, si è, comunque, di fronte ad una conflittualità fisiologicamente elevata e non paragonabile a quella di altri paesi europei di comprovata democrazia sindacale”.

Qui il video della presentazione della Relazione sull’attività della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, presieduta dal Prof. Giuseppe Santoro Passarelli.

In realtà, gli ordinamenti collettivi europei del lavoro sono estremamente eterogenei.

Le differenze possono riguardare:

  • il tipo ed il grado di sindacalizzazione: movimenti sindacali forti ci sono in Belgio ed in Svezia, situazioni più deboli e con spaccature all’interno in Francia, Spagna e Portogallo, situazione da ricostruire nei Paesi dell’Est dopo la caduta dei regimi dittatoriali;
  • la struttura ed i contenuti della contrattazione collettiva: la struttura della contrattazione collettiva basata sul contratto nazionale di categoria è la più diffusa (ad eccezione del forte decentramento tipico del sistema britannico), mentre resta marginale nella maggior parte dei Paesi mediterranei ad eccezione dell’Italia;
  • le dimensioni del conflitto (durata, intensità, partecipazione): Germania e Francia hanno equilibri più stabili e duraturi, in Italia al contrario il rapporto conflittuale è la prassi;
  • le forme e gli ambiti della partecipazione.

Anche per quanto riguarda il riconoscimento e la tutela di alcuni principali istituti del diritto sindacale le differenze sono evidenti.

Con particolare riferimento allo sciopero, è riconosciuto come diritto soggettivo (individuale ad esercizio collettivo) in Francia, Italia, Spagna, mentre in Germania ed in Gran Bretagna è considerato una immunità, cioè una semplice “libertà”, non un vero e proprio diritto, ed è riservato all’organizzazione sindacale.

Una piccola menzione anche per quanto riguarda la serrata. Si tratta di un diritto escluso nella maggior parte dei Paesi europei (Italia, Spagna, Francia) ma protetto per certi versi in altri (Germania), ed è stato equiparato dalla carta di Nizza allo sciopero. L’art. 28 stabilisce, infatti, che i datori di lavoro ed i lavoratori sono equiparati quanto ad azioni collettive per la difesa dei propri interessi. Si assume così come irrilevante la diseguaglianza economica e sociale tra le parti del rapporto di lavoro e si sancisce, al pari del diritto di sciopero, il diritto di serrata.

Ci sono ordinamenti, come anche quello italiano, che pongono in capo al giudice l’obbligo di verificare le condizioni di legittimità delle azioni collettive (ad esempio in caso di sciopero) ma in ragione della tutela di beni essenziali della persona o dell’ordinamento (ordine pubblico). Non sempre però è così, almeno non in Europa.

Vi ricordate le famose sentenze Viking (Corte di Giustizia 18 dicembre 2007 causa C-341/05) e Laval (Corte di Giustizia 11 dicembre 2007 causa C-438/05)?

In questi casi, invece, il controllo di legittimità è stato finalizzato alla tutela delle libertà economiche (di stabilimento e di prestazione di servizi). La conseguenza è, evidentemente, un bilanciamento squilibrato.

Nel caso Laval, la decisione della Corte ha portato ad alterare l’assetto di relazioni industriali svedese aprendo la strada alle imprese di Stati a basso costo del lavoro di accedere vantaggiosamente ai mercati dei Paesi più vicini.

La verità è che in Europa, le politiche sociali non trovano ampio spazio.

Si tratta di una scelta diametralmente opposta a quella del costituente italiano, che sancisce una netta separazione tra politica e economia e priva la prima di ogni possibilità di intervento (in funzione equilibratrice) nell’ambito della seconda.

Per essere più precisi, manca nell’ordinamento europeo il riconoscimento del diritto al lavoro.

Infine, quanto ai diritti sociali, il riconoscimento operato dall’art. 34 serve a sottoporre i contenuti e la portata dei diritti sociali ai vincoli congiunturali dell’economia aperta e in libera concorrenza, precludendo in radice non solo il dispiegamento delle garanzie apprestate per soddisfare i bisogni sottesi a questi diritti, ma anche la possibilità che si sviluppi una dialettica tra queste esigenze e le leggi dell’economia. In altre parole i diritti sociali sono declassati a diritti finanziariamente condizionati, cioè ad interessi occasionalmente protetti.

Cosa si potrebbe fare?

  • introdurre nel trattato una clausola di immunità dei diritti collettivi dalla possibile incidenza delle libertà economiche;
  • determinare standard minimi di tutela dei lavoratori;
  • dare pieno riconoscimento giuridico alle azioni di sciopero e contrattazione collettiva.

Fino a quel momento teniamoci stretti i nostri diritti.